La qualità della nostra vita inevitabilmente è legata alla qualità delle nostre relazioni. Difficile essere sereni e felici se abbiamo delle relazioni conflittuali e non abbiamo una buona gestione dei conflitti.
Le relazioni interpersonali, sia nella vita privata che nel lavoro, sono i luoghi in cui sperimentiamo le gioie e le soddisfazioni più grandi ma anche le incomprensioni e i conflitti più logoranti.
E i conflitti non sono altro che quegli indicatori che mettono in luce le differenze tra noi e gli altri. Ognuno di noi è un mondo: siamo la risultante della nostra storia, dei nostri vissuti, delle esperienze che abbiamo fatto.
Tutte cose che ci hanno portato a interiorizzare condizionamenti, paure, modi di vedere, desideri e bisogni che spesso consideriamo assoluti.
Li riteniamo veri sempre e veri per tutti. È per questo che nelle relazioni nascono incomprensioni e conflitti.
Non vediamo e viviamo l’altro come un essere unico e diverso da noi abitato da pensieri propri, emozioni proprie, desideri e bisogni propri, modi di fare caratteristici ma, senza rendercene conto, lo consideriamo e vogliamo uguale a noi.
Quando le diversità si palesano concretamente, il discostamento tra l’altro ideale (quello presente nella nostra testa) e l’altro reale (chi lui o lei è in realtà) è ciò che ci porta a vivere male le nostre relazioni. È ciò che nelle nostre relazioni ci fa soffrire.
La non accettazione (spesso inconsapevole) della diversità, che si traduce nella non accettazione dell’unicità dell’altro, spesso ci porta nel giudizio e nel rifiuto dell’altro.
Questo generalmente accade perché abbiamo riposto grandi aspettative su di lui o lei, basate su nostre idee, che di fatto sono solo illusioni che ci siamo fatti su quelle persone.
Illusioni che facilmente ci portano nella delusione e nella sofferenza quando ci ritroviamo a confrontarci con la realtà dell’altro e la nostra.
Se non ci fermiamo a comprendere come possiamo stare in relazione in modo funzionale, se non cominciamo ad aver cura delle nostre relazioni anche imparando a gestire i conflitti, queste potrebbero diventare principalmente un luogo di sofferenza e dolore anziché, come avrebbero da essere, un luogo di scoperta e crescita.
Cosa fa nascere un conflitto nelle relazioni?
Il conflitto nasce quando nelle relazioni, sia personali che professionali, emergono le differenze delle persone in gioco e in particolare quando i rispettivi bisogni non coincidono.
Il problema, in realtà, non sta tanto nella differenza, che è un qualcosa di naturale, ma nell’incapacità di gestire i diversi bisogni presenti in determinati momenti.
Quando si verificano queste situazioni, accade che automaticamente riteniamo i nostri bisogni prioritari su quelli degli altri e questo fa sì che spesso, senza nemmeno accorgercene, mettiamo noi stessi davanti all’altro e alla relazione (al “noi”).
Ci dimentichiamo che lui o lei, proprio come noi, è una Persona con le sue ferite, le sue difese, le sue regole, le sue emozioni, le sue paure, i suoi desideri, i suoi bisogni.
Non consideriamo che l’altro non è noi!
E se da un lato – quando va tutto bene – la diversità ci attira, dall’altro – quando ci aspettiamo qualcosa – le discussioni, i contrasti, i litigi diventano il nostro modo di protestare per la diversità tra la nostra idea di come avrebbe da essere la relazione ideale, rispetto a com’è in realtà.
In pratica se crediamo che il nostro partner, collega, amico, figlio, ecc dovrebbe comportarsi con noi in un certo modo, mentre lui/lei si comporta in modo diverso, facilmente ci arrabbieremo.
E, se non ci apriamo ad un punto di vista diverso, inevitabilmente questo disagio relazionale nel tempo tenderà ad amplificarsi, aumentando a sua volta anche la nostra sofferenza.
📌 Ti chiedo: cosa accadrebbe se trovando una realtà diversa dalle nostre aspettative invece di rifiutarla, pretendendo che fosse diversa, avessimo la capacità di accogliere ciò che si muove in noi?
Cosa accadrebbe se invece di continuare a mantenere il nostro sguardo sull’altro, giudicandolo, lo dirigessimo dentro di noi con l’intenzione e la curiosità di conoscere sempre meglio noi stessi e l’altro?
Personalmente ho potuto sperimentare quanto quello che prima era un terreno di scontro si sia trasformato in uno spazio di confronto e di scoperta, capace di creare profonda intimità con me stessa e con l’altro.
Come amplifichiamo i conflitti?
Nella quotidianità, soprattutto se le relazionali sono già conflittuali da tempo, tendiamo a mettere in atto degli atteggiamenti automatici con la speranza che qualcosa cambi in positivo…per noi!
In realtà spesso e volentieri peggioriamo la situazione perché le nostre azioni partono da un’energia di aspettativa e pretesa (respingente) e non di amore.
Degli esempi di questi comportamenti disfunzionali possono essere:
- Alzare muri di silenzio, urlare o farci vedere sofferenti sperando che l’altro, sentendosi in colpa o almeno sentendosi chiamato in causa, si adegui ai nostri bisogni facendo ciò che vogliamo noi. In questi casi facilmente ciò che ci muove ad agire o a reagire così è il pensiero magico del “se mi amassi veramente sapresti di cosa ho bisogno senza che debba chiedertelo e faresti questa cosa per me, se non la fai è perché non mi ami, non mi consideri importante, non mi apprezzi, ecc”
- Assecondare e compiacere l’altro mettendo da parte i nostri bisogni. Questo è un atteggiamento che se reiteriamo nel tempo, sempre più ci porterà nella rabbia, nel rimuginamento e nel giudizio dell’altro che inevitabilmente amplificheranno l’idea che la nostra sofferenza sia colpa sua.
Queste modalità, che generalmente mettiamo in atto credendo di sanare le differenze, in realtà amplificano i conflitti relazionali.
Non ci aprono all’intimità con noi stessi e con l’altro, anzi, ci portano sempre più in chiusura, allontanandoci emotivamente sia da noi stessi che dall’altro.
Questo accade perché ci portano in un incessante e invasivo rimuginamento che giudica l’altro, noi o entrambi.
Eppure se guardassimo il conflitto “semplicemente” come quel momento che ci permette di entrare in contatto con noi stessi e l’altro, se lo vedessimo come quell’opportunità che ci spinge ad indagare e ad esprimere i nostri pensieri, i nostri sentiti, i nostri desideri e bisogni, tutto cambierebbe.
Se anziché chiuderci scegliessimo di rimanere aperti per comprendere cosa in quel preciso momento sta accadendo in noi, senza rivangare continuamente il passato (nostro o della relazione) che ci porta a raccontarci e a raccontare sempre la stessa storia, tutto cambierebbe.
Ogni volta che i rispettivi bisogni si scontrano, ogni volta che sentiamo crescere la reattività dentro di noi e nella relazione, si apre per ciascuna parte in gioco la possibilità di scoprirsi e di farsi vedere oltre che di scoprire e di vedere l’altro sempre più in profondità.
📌 Se invece di rifuggire il conflitto o di alimentarlo con le solite modalità disfunzionali ci mettessimo in osservazione di cosa ci sta dicendo quell’esperienza cosa potremmo capire di noi stessi?
Quando veramente di cuore comprendiamo noi stessi e successivamente scegliamo di svelare quella parte di noi all’altro diamo alla relazione la possibilità di rinsaldare il legame attraverso l’intimità e a noi stessi l’occasione di prenderci cura di ciò che accade in noi nel momento in cui sperimentiamo l’assenza di armonia.
Prenderci cura delle nostre emozioni, delle nostre paure, dei nostri sentiti ci permetterà di stare nelle relazioni in modo sempre più libero e sereno.
Ci permetterà di essere portatori di leggerezza e pace.
4 passi per una gestione dei conflitti funzionale
Ecco alcuni spunti per affrontare i conflitti:
Togliamoci dal giudicare e lasciamo spazio al comprendere.
Giudicare ci porta ad accusare, e accusare ci allontana dall’osservare e dall’ascoltare con il cuore sia noi stessi che gli altri. Ci allontana:
- dal capire di cosa abbiamo bisogno noi in quella situazione,
- dal comprendere di cosa ha bisogno l’altro in quella situazione,
- dal comunicare all’altro il nostro bisogno,
- dall’ascoltare l’altro nel suo bisogno,
- dal lasciare l’altro libero di scegliere se e come rispondere alla nostra richiesta,
- dal sentirci veramente liberi di scegliere se e come rispondere alla sua di necessità.
Giudicare ci porta a pensare che sia l’altro a sbagliare e ci porta a pretendere che cambi o che rinunci ai suoi bisogni per soddisfare i nostri. Cosa che facilmente ci porterà nella delusione, nella sofferenza, nel conflitto perché l’altro farà di tutto per difendere i suoi di bisogni e la sua libertà di vederli soddisfatti.
Oppure potrebbe portarci a credere di essere sbagliati noi. Questo potrebbe portarci nella pretesa di essere perfetti, di essere diversi, di non essere noi.
Tutte cose che ci portano ad essere continuamente in “guerra” con chi siamo. E guerra significa sofferenza.
Cerchiamo una soluzione win-win dove i bisogni di entrambi vengano visti e vissuti come importanti.
C’è sicuramente una via che parla d’amore che dà diritto di esistenza e rispetto ai bisogni di ciascuno. Esplorare con curiosità le possibilità è un modo per entrare sempre più in contatto con il mondo dell’altro oltre che con il nostro. È un modo per conoscere, conoscersi ed entrare in intimità.
Per approfondire leggi anche: il potere delle parole nelle relazioni con gli altri.
Concentriamoci sul bello (in senso lato).
Il nostro atteggiamento è strettamente legato a quello che pensiamo dell’altro e di noi stessi. Allenarci a vedere il bello ci aiuta a relazionarci in modo più aperto e disponibile, oltre a trovare una via condivisa per stare bene in quella relazione.
Molliamo la presa sul nostro bisogno di avere ragione e di vincere sull’altro.
Chiediamoci con onestà cosa veramente stiamo perseguendo in quella relazione: vogliamo essere felici, in armonia, trovare la giusta via condivisa per stare bene o vogliamo semplicemente avere ragione e vincere sull’altro?
Se, ascoltandoci bene, sentiamo che è questo che stiamo perseguendo chiediamoci dove questa modalità di stare in relazione potrebbe portarci tra 5 anni o semplicemente osserviamo cos’ha generato nella nostra vita fino ad ora l’ esserci relazionati così.
Teniamo conto, senza dimenticarlo mai, che tutto può cambiare se scegliamo di iniziare a guardare noi stessi, gli altri e ciò che è stato con gli occhi dell’amore. Nient’altro, a mio avviso, può sanare i conflitti generando complicità nelle relazioni: sia nella relazione con noi stessi che nelle relazioni con gli altri.
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